Sono polemica e non lo mando a dire

Sono polemica in particolare qui.
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Siamo diventati grandi con una sorpresona!

Sabato sera sono stata a cena a casa di Roberto per festeggiare il compleanno di Aurora e Roberto. Eravamo 13 ex compagni universitari più altri amici della coppia festeggiata. Si stava così bene insieme, come ai vecchi tempi anzi meglio che ai vecchi tempi, come se adesso fossimo più amici, ci conoscessimo di più, anche se ci vediamo molto meno… Anzi, forse perché ci vediamo meno. In realtà penso che sia proprio così: adesso quando ci vediamo ci facciamo i reciproci riepiloghi delle rispettive vite, cosa che prima, vedendosi tutti i giorni, passava in secondo piano, rispetto alle quotidiane piccolezze che occupavano i nostri pensieri, e che giorno per giorno ci sembravano così importanti. Salvo accorgersi, sulla distanza, che spesso non valeva la pena preoccuparsi per così poco.
Adesso è come rivedere una persona che sta facendo la dieta, una volta al mese o anche meno: se la vedi tutti i giorni non ti accorgi che dimagrisce, se la rivedi dopo un mese te ne accorgi e vuoi sapere perché è dimagrita, e come ha fatto. Forse è una maniera superficiale di coltivare i rapporti, forse io sono fatta per i rapporti superficiali, so che tutte quelle persone ci sono per me ma me le tengo sullo scaffale e me le sfoglio ogni tanto, solo quando mi va. Ma no, non è vero: io li vedrei anche tutte le settimane, ma abitiamo "lontani", e poi siamo praticamente tutti fidanzati, e facciamo tutti molta vita di coppia. Sì, deve essere così, perché quando eravamo lì sabato sera non ho fatto che pensare a quanto era bello stare lì con loro, a quanto volevo che quella serata fosse interminabile, a quanto volevo che fosse così ogni sabato sera.

Proprio mentre ero assorta in questa catarsi, mentre vedevo tutti loro su uno sfondo infinito muoversi lentamente e con grazia, e non ascoltavo cosa dicevano ma guardavo le loro labbra muoversi…

Aurora e Roberto ci hanno chiamati "di là". Dalla taverna di casa di Roberto siamo passati da scale e corridoi, fino ad approdare ad un appartamento con pochi nuovi mobili, verniciato di fresco, con una cucina nuova fiammante… La nuova casa di Roberto ed Aurora, che non hanno voluto dire niente a nessuno finché non fosse finito tutto!
Lo stupore è stato grande, come il piacere. Mi sono sentita grande anche se io non avevo fatto proprio niente. Ho sentito che tutti eravamo diventati grandi, perché a quel punto tutti hanno cominciato a parlare di quello che avrebbero voluto fare (o che avrebbero fatto a breve) per "lasciare il nido", dove quasi tutti noi abitiamo ancora. Ci siamo messi a parlare a gruppetti che si scomponevano e si riformavano con composizione assortita, a raccontarci di progetti e scadenze.
Quando siamo tornati nella taverna per mangiare la torta continuavamo a parlare di questo, quando a un certo punto la Francesca ha osservato, parlando con me:
– certo che adesso c’abbiamo tutti questi discorsi di case, matrimonio… Come siamo cambiati! Prima si parlava di Nuti, Bazzocchi, Morano, Terenzi… Si infamavano i professori, mentre adesso si infamano i datori di lavoro… E si parla di case e matrimoni, poi ci ritroveremo tutti a parlare solo di figlioli piccini, poi di pensione…
Al che io ho osservato che era proprio bello, avere nuovi argomenti di cui parlare e che fossero interessanti per tutti, crescere insieme.

Alla Ella ho detto: che bella sorpresa che ci hanno fatto, a non dire nulla a nessuno, è stato proprio bello così! E lei mi ha risposto: bene, allora ti ha dato l’ispirazione per fare lo stesso!
… E quando questo succederà, chi mi crederà quando dirò che anche io ci avevo pensato, già da prima?!

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Considerazioni (banali) sulla felicità

Questo post potrebbe ben stare su "appunti (di sutura)". Fil, non ti ho rubato l’idea, credo 🙂
Alka oggi mi raccontava che una sua amica su facebook ha postato una poesia (erroneamente?) attribuita a Pablo Neruda, Inno alla vita. Una poesia dove si parla di cose "banali", il senso della vita, le cose belle da apprezzare, la necessità di godere della vita in tutti i suoi aspetti, etc. Alka ha commentato qualcosa come: "che cose banali", e lei di rimando ha scritto: "bisogna essere persone sensibili per riuscire ad apprezzare la bellezza di cose banali", infine Ale ha ammesso: questo suo commento mi ha zittito.

Ho ripensato allora a quando il mio medico mi disse: vedi, ci sono persone che sono come pianoforti, e persone che sono come tamburi. I tamburi vanno suonati forti e in un solo modo per produrre un unico tipo di reazione. Il pianoforte ha tanti tasti diversi e tutti producono un suono diverso. Così, le persone sensibili soffrono di più perché assorbono tutte le cose, comprese quelle negative, le patiscono. Ma godono anche di più, perché anche le cose più piccole possono renderle felici. E’ un patrimonio che (noi) le persone sensibili devono imparare a gestire con sapienza, perché può essere una grande ricchezza. I tamburi, invece, hanno la capacità di farsi scivolare addosso tante cose tra le più brutte, e possiamo in quei momenti invidiarli. Ma poi non riescono a vedere tante belle cose, e non riescono ad essere felici dove altri lo sono.

Infine ho ripensato a una cosa che ho vista scritta, anche se non so chi l’ha scritta:
Non basta aprire la finestra
per vedere la campagna e il mare.
Non basta non essere ciechi
per vedere gli alberi e fiori.

Abbiamo (io e Alka) convenuto sul fatto che i tamburi infelici non riescono ad ispirare né empatia né solidarietà. 
Conosco persone molto infelici e insoddisfatte, il tipo di persona che a volte pensa di sé come a un fallimento. Eppure questa persona non esce a fare una passeggiata quando è domenica ed bel tempo, non pianta fiori in giardino, non cucina una nuova ricetta assieme a sua madre, non si gode un po’ di sole sul terrazzo, non si ferma ad accarezzare il cane di un passante, non va in palestra a scaricare lo stress sulla cyclette, non va al mare a farsi una nuotata, non legge un romanzo nemmeno di quelli che fanno piangere tipo Harmony, non guarda Annozero per vedere quelli che stanno peggio di lei, non legge il giornale dove è scritto che in Medio Oriente ogni giorno di spara e milioni di persone non riescono a vivere una vita normale, nemmeno un giorno al mese.
Non si può affidare la propria felicità ad un unico macroobiettivo (che poi magari fallisce), solo quello, senza un piano B, ed essere ciechi nei confronti dei mille aspetti della vita. Non si può passare una giornata di sole chiusi in casa a chattare su messenger, lamentando la propria frustrazione.
Bisogna provarle tutte, per essere felici, tutte quelle che la vita offre. E, per essere sicuri di riuscire in qualche modo, bisognerebbe pure provare ad inventarsi nuove possibili felicità.
Ecco, ora che anche io ho espresso le mie banalità in tema, mi ritengo soddisfatta.

E’ per te il sabato nel centro, è per te le otto di mattina, è per te che sono verdi gli alberi, è per te lo scodinzolo di un cane…
è per te ogni cosa che c’è, ninnanà, ninnaè…

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Arance della Salute 2009 – siparietto

Solita storia di tutti gli anni, l’ultimo sabato di gennaio.
Arrivano due anziani in bicicletta, tutti decisi a comprare le nostre arance. Al momento che la signora ci lascia i dati per la ricevuta, detta il suo nome:
Sonia: "Invincibile Sonia"
Ade: "Come?!"
Sonia: "Sì sì, proprio invincibile!"
Marito di Sonia: "Eh però io l’ho vinta!"
Sonia, con aria di sufficienza: "Ma stai zitto, che ti ho vinto io!"

Che teneri.

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“S’i’ fossi acqua, lavai, s’i’ fossi sapone, ‘nsaponai, s’i’ fossi acqua, ancora, risciaquai” (cit.)

Basta, via, ho deciso: stasera voglio fare un po’ la nonna. Nonna è la parola che serve per mascherare e servire meglio il mio spirito ecologista, perché si sa che l’ecologia in Italia è roba per sognatori o al limite per comunisti. Ma fate finta che non abbia detto niente e andiamo avanti.

Quanti di voi si sono trovati alle prese con un barattolo di shampoo o docciaschiuma praticamente finito, e magari eravate già sotto l’acqua della doccia e non era molto pratico andare a cercare una confezione nuova? Ecco, per quelli di voi che hanno provato questa terribile esperienza, immagino di poter dire che è andata così: avete buttato acqua nel barattolo, agitato ben bene, e sperato che la schiumetta formata dall’ultimo rimasuglio fosse sufficiente per lavarsi. Ma allora avrete notato anche una cosa formidabile, ovvero che quella schiumetta lava proprio bene!
Ecco, quello che volevo dire è che in sostanza i detersivi per la persona e per la casa oltre ad essere prodotti indispensabili nonché molto inquinanti nonché molto profumati nonché molto schiumosi, fondamentalmente vengono venduti molto, troppo concentrati rispetto al necessario. Forse ciò serve a far acquisire la giusta consistenza, quella che li rende “belli” alla vista e al tatto. Sicuramente serve a venderne di più. Inoltre serve a inquinare inutilmente le acque dei depuratori (quando va bene, sennò si parla direttamente di laghi e fiumi).

Allora, propongo questo simpatico esercizio: la prossima volta che un barattolo di detergente è ufficialmente “finito”, cercate di intercettarlo sulla strada della pattumiera, tenetelo da parte fino alla vostra prossima doccia, in quel momento metteteci un po’ di acqua e agitate bene. Fatemi poi sapere com’è andata, ma scommetto che otterrete una soluzione incredibilmente schiumosa e incredibilmente potente. Io ho fatto così proprio stasera, ho spruzzato poche gocce di questo miscuglio sulla spugna, e dopo essermi ampiamente insaponata tutta, la spugna ha avuto bisogno di moltissima acqua per essere sciacquata, da tanta schiuma che continuava a fare.

Paradossalmente, con un contenitore vuoto “di appoggio”, in cui diluire man mano il detergente proveniente dalla confezione originaria, un barattolo di detergente potrà durare mesi, anni… i fiumi ringrazieranno!

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Brian Johnson, fatti da parte!

Abbiamo avuta la conferma che Brian Johnson, oltre ad essere un bluff perché sa cantare solo in falsetto/gracchiato, è anche stato nettamente superato dalla prima che passava da Verona… Vai Angela spacca ogniosa!
Si ringrazia mr. Fraccaro per la base musicale e l’incoraggiamento, nonché per la funzione paravento offerta alla timida ugola d’oro.
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Fine dell’anno a Canazei featuring Limitati’s Band

E mentre l’atmosfera si faceva prima frizzante (ore 23:40, tutti zitti e assorti fissando il proprio piatto) e poi esplosiva (ore 23:50, ancora peggio, erano anche spariti i piatti, si fissava direttamente il legno del tavolo poiché l’unica tovaglia era stata imbrattata col vino la sera prima), alle 00:15 circa arrivano direttamente from nowhere (forse avevano affittato un appartamento nella stessa scala del nostro) Limitati’s Band che cantano La mamma al balcon, gruppo di musica folkloristica direttamente da Ascoli Piceno. Tra tutti non c’è uno che riesce a parare italiano perbene, ma se è per quello alcuni dei veneti che erano in appartamento con me mi risultavano altrettanto incomprensibili.
Finalmente ho scoperto cos’è quel suono che sembra un trombone che suona un’unica nota bassa, che si sente sempre nelle colonne sonore dei film di Kusturica, firmate da Bregovic, a volte…. Non è un trombone ma la famosissima caccavella (detta anche scaricabotto)! I suddetti Limitati’s avevano così grandi difficoltà con l’italiano che che quando qualcuno gli chiedeva: ma come si chiama codesto strumento?, essi rispondevano: lo vuoi sapere in italiano o in dialetto?… e puntualmente confondevano le due versioni, a conferma del fatto che per loroaltri l’italiano è un accessorio, e anche poco utilizzato.
Incautamente mi sono proposta di provare a suonarlo e, se qualcuno di voi ha presente come lo si suona (altrimenti studiatevi nemmeno troppo attentamente il filmato), potrà capire la finissima ironia di frasi come:
(il suonatore di caccavella): "Ti spiego come si fa… Ce l’hai il ragazzo? Ecco, come fai con lui ma più piano"
(Alka): "Amore, se non ti riesce, prova con la bocca"
(il suonatore di caccavella, ancora): "Se non ti riesce, prova a massaggiarlo sotto il tamburo con l’altra mano"
(sempre lui, mettendo una mano sulla punta della canna): "Aspetta ci metto una mano, se mai si dovesse sporcare la moquette"

A conpletare il quadro, non si sottolineerà mai abbastanza la portata ontologica e logistica dell’avere una cena di 11 persone in un appartamento in affitto che ha la cucina tutta a moquette. Auguri.

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Frasi interessanti su cui riflettere ora che un anno è passato e dalla prima pronunciata pure un anno è passato evvèdi ghe minghia come passa il tempo (si ringraziano gli inconsapevoli contribuenti a questa simpatica annuale rubrica)

“La vita vera è un po’ una Facebook’s Second Life. Se non sei su Facebook praticamente non esisti.” (Facebook ci ha cambiata la vita)

“Il verbo dell’anno è “pokare”: posso pokare la tua amica?” (cose di Facebook)

“A mille ci si ferma” (Alekos ha fissato il limite della produttività in qualsiasi campo, e noi possiamo soltanto adeguarci)

“Dio se tu sfavi!” (tradotto anche come: you scock! Milu5io continua a chiedersi cosa ciò possa significare, comunque)

“[Codesta cosa] sgaragia!” (come parliamo noi ggiòvani)

“Mi chiamo Ragosta: come il pesce, senza la “a”” (quando un capufficio è un deficiente, lo si capisce già da come si presenta)

“L’umanità è uno spreco. Troppi uomini, poca densità di qualità” (Filippo non ammette la mediocrità)

“La qualità dell’umanità è inversamente proporzionale all’altezza del mio gomito: tenere il gomito basso per tenere alta l’umanità” (Filippo ci tiene a non ubriacarsi proprio tutte tutte le sere)

“Scusa se American Pie è stato fatto in Michigan” (Mariano, dopo la vacanza studio in Michigan, è rimasto col Michigan nel cuore. E probabilmente pensa che American Pie possa fornire il vanto per qualche cosa)

The shorter the guitar cable the better

“Ma cosa stai dicendo? Hai usato gli Strumenti per le Lingue?” (un gioco di traduzioni a catena che piace tanto a Tommaso e Milu5io… diventa una metafora universale per chi parla in maniera incomprensibile)

“Dammi un’altra sciòòòòns!” (Derek Zoolander)

“Luilì fa talmente caare che morire sarebbe la su’ fortuna” (Filosofia spicciola by Alka e Kentes)

“C’è stato un imputtanimento generale delle nuove generazioni. Ma perché non è toccato a me? sono nato nel periodo sbagliato! Io, che per sperare di poter fare qualcosa dovevo portarla minimo 2-3 volte a cena fuori, prima!” (Ing. VV a sua volta commenta la vice preside dei Geometri:)

“Ragazzi mi raccomando non sfasciate niente e soprattutto: comprate i preservativi, c’è anche la farmacia qui accanto, ché noi esami a giugno coi pancioni non s’ha proprio voglia di farveli!” (vicepreside dei Geometri si raccomanda agli studenti prima che codesti comincino ad occupare l’istituto, col benestare del dirigente, si capisce)

“Ah ma te sei il figliolo di A***? Che ganzo tu padre… sì, gli è sempre garbata tanto la topa!” (padre di uno studente a ricevimento genitori, dove il professore ricevente è ing. VV)

“No, di lei mio figlio non si è mai lamentato… Sa, se lei fosse uno stronzo me l’avrebbe sicuramente detto!” (madre a ricevimento genitori, vedi sopra)

“Non fare il razzista: i buchi negri sono solo buchi diversamente bianchi” (io a Sushi John durante un delirio su msn)

Mariano: “Non mi riesce trovare una donna normale”
Adelaide: “Semmai, non ti riesce trovare una donna!”

“Cerca sul navigatore: via Gandhi scritto Gandhi” (Mariano non ha fatto lo spelling, ha solo ripetuto la parola…)

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Serata a Castelfranco Veneto

Mariutto (spavaldo): "Ciao! Allora, come va? Senti ma… E quella fidanzata che ti rompeva i coglioni con le telefonate quel week end che siamo andati a Pescara?"
Alka: "E’ lì dietro di te. Ti sente."
Mariutto (mortificato): "Ah. Io invece mi sono lasciato."

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Al momento dei saluti, rimaniamo soli nel vialetto di casa Tieppo io e il Dome, che mi ha conosciuta la sera stessa.
Dome: "Senti, ma… Te sei sempre così, davvero?"
Ade: "No: solo quando posso fingere che sia perché sono ubriaca."

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Indicazioni per raggiungere Cerea. Mariano dà istruzioni per impostare il navigatore.

Mariano: "Cerca via Gandhi scritto Gandhi" (non è che ha fatto lo spelling, ha solo ripetuto la parola…)

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Bella lììì!!!

I Muse mi piacevano già tantuzzo, e questa canzone pure quando la cantava Frank Valli… Anvedi questi tre butèi!
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